C’è del marcio in Danimarca

Posted on ottobre 29, 2008 di

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Si, lo so, il titolo è molto banale, quasi scontato per uno che sta facendo il dottorato in Danimarca.. Ma concedetemi un po’di fiducia, ed andiamo avanti, al titolo torneremo poi.

Se vi aspettate un freddo e lucido resoconto della mia esperienza, bè lasciate perdere e passate oltre, io sono un fisico atipico, che tutto sommato non sa ancora perchè lo sta facendo…

Avevo preso in considerazione la Danimarca 2 anni fa, per una serie di (s)fortunate coincidenze.. un servizio di Iacona su Rai3 sulla ricerca, che glorificava la situazione da queste parti, la volontà di fare una fuga in avanti, per scappare da alcune situazioni personali un po’ pesanti e perchè no, anche il mito di una nazione libera e progressista, confrontata con la solita Italietta provinciale..

Venni qui la prima volta nel luglio del 2006, per fare la famosa interview con il mio futuro supervisor ed il gran capo del dipartimento, arrivai di sera, e la prima sensazione scendendo dall’aereo fu… un incredibile, permeante, immanente odore di merda…

Si si, proprio merda.. stallatico allo stato puro che pervadeva tutta l’area, nonché le narici.

Per chiarezza aggiungo che io sono a Sonderborg, sud Jutland, al confine con la Germania, in una zona che ha vissuto di agricoltura fino a dieci anni fa, quando alcune grosse industrie  decisero di trasferirsi qui, portando soldi, un aeroporto, un’università, ed una quantità impressionante di immigranti, qualificati come me (uhm, ve lo concedo, più o meno qualificati.. diciamo con una laurea) e quelli non qualificati.. ovvero quelli che qui chiamano in gran simpatia “quei bastardi degli arabi”, e questo quando sono di buono umore (cosa che capita piuttosto raramente…).

Quindi qui le fattorie abbondano, e di conseguenza mucche, vitelli e affini (il famigerato filetto danese.. ma come abbiamo fatto a vivere senza per così tanti anni? Avevamo la chianina, eravamo felici e non lo sapevamo..).

Quel intenso odore doveva dirmi qualcosa fuor di metafora, ma io ero troppo razionale, troppo curioso per farmi condizionare, si decisamente troppo…

E poi mi avevano invitato loro, viaggio e permanenza a loro spese, io abituato alla Sapienza, ai (non) soldi per la ricerca in Italia.. Il colloquio andò molto bene, anche meglio quando mi dissero dello stipendio: 2mila e passa euro netti al mese, con contributi per la pensione e tutto.. poi la sera il gran finale, il grande capo, il direttore del dipartimento, mi invita a cena nella sua piccola villa di periferia ed oltre alla cena mi offre del ottimo vino, del cognac… io pensavo fra gli effluvi del alcol a Martinelli (ai tempi direttore del dipartimento di fisica della Sapienza) che invita a cena un dottorando nordico…il contrasto creava un senso di estraneamento esilarante. Torno a Roma quasi scandinavo nell’animo, accetto il contratto, e il primo settembre mi trasferisco armi e bagagli..

E qui comincia una vita di contrasti.. un primo anno in una sede provvisoria,  perchè l’università è praticamente in costruzione, poi finalmente la bellissima nuova sede sul fiordo e stanza all’ultimo piano con vista sul suddetto..

Il dottorato professionalmente va benissimo, il progetto è buono, all’inizio molto sui libri, poi si lavora, a volte troppo, ma spesso bene, raramente lo stress ti uccide, per i danesi il lavoro non deve affaticare (mi viene in mente en passant che a Napoli il lavoro si chiama “ ’a fatica” e il cortocircuito si chiude), non sono esattamente nel mio campo, io sarei un “meccanico statistico”, qui facciamo modelli matematici in meccanica quantistica dei semiconduttori, ma ho comunque la possibilità di lavorare indipendentemente (bè quando ho tempo, quindi quasi mai) su un mio progetto sui sistemi disordinati, ci sono soldi e varie collaborazioni, il mio supervisore è un brav’uomo ed un quasi ottimo fisico, certo un po’danese (ora ci arrivo) e soprattutto il giovane ricercatore con cui lavoro tutti i giorni è una mente (ma molto danese), e non c’è giorno che non imparo qualcosa.. mi seguono quando scrivo gli articoli, mi INSEGNANO a fare ricerca, ho due corsi come esercitatore, e poi ci sono un’impressionante quantità di soldi (ancora) per conferenze, infatti in un anno vado: a Banff in Canada (piccola conferenza sui semiconduttori), dove passo anche due giorni a sciare sulle piste di Calgary (si, a me piace molto vivere, questo temo si intuisca fra le righe..), a Venezia, conferenza di modelli matematici, con permanenza in fantastico hotel  dove faccio net – working (mmm brutta questa, ma tant’è… mi offrono pure un postdoc a Torvergata) in ottimi ristoranti, e dulcis in fundo conferenza ICPS a Rio de Janeiro, con albergo ad Ipanema (qui ogni particolare sarebbe di cattivo gusto..). Poi mi hanno dato la possibilità di seguire dei corsi a Roma di dinamica molecolare e di simulazioni ab initio per due mesi il primo anno (viaggio a loro spese) ed ora mi mandano sei mesi a Purdue, Indiana, a lavorare sul tigh binding e fare altra esperienza… Insomma mi faccio un discreto mazzo, ma ben ripagato..

Aggiungo ancora che, anche se io sono un teorico, all’università è stata costruita ex-novo una fantastica clean- room, e c’è un ottimo gruppo di sperimentali che lavora su varie nanotecnologie.

Ultimo,  ma non meno importante (at last but not at least direbbero i sassoni) il rispetto e la considerazione sociale e culturale data a chi fa il nostro mestiere, la trasparenza nelle assunzioni, il senso di legalità, forse un po’ imposto ma sicuramente presente nella società danese.

Dunque il paradiso del giovane (almeno nello spirito, Grazia, almeno nello spirito) fisico, si direbbe… un posto dove ti pagano e ti stimano per fare scienza, invece di considerarti uno sfigato senza speranza come in Italia..

 

(Il paragrafo seguente è stato scritto prima che la mannaia Gelmini si abbattesse inesorabilmente su quel poco di buono che ci era rimasto, conferendo al mio pensiero un senso di preveggenza che mi sarei sicuramente risparmiato).

 

Apro una parentesi: avete notato (si, sicuramente si se passate un po’ di tempo nella cosiddetta società civile) che il nostro è un paese che ha assorbito così profondamente un  modello di perseguimento del successo facile, immediato e senza sforzo, che chiunque faccia una scelta faticosa (come studiare) pur potendo teoricamente divenire parte della migliore elite culturale del suddetto paese, viene immediatamente classificato come un perdente..

Ci pensate, del passato ricorderemo Aristotele, Cicerone, Pascal, Kant, Einstein, dell’Italia del inizio secolo ricorderemo Taricone del grande fratello..

 

Ma torniamo ai dolori del giovane Barettin, dov’è che il sistema fa acqua? Purtroppo come per la famosa coperta troppo corta, se tiri da una parte, ti scopri dall’altra…

In ordine sparso…

La Danimarca è un paese che alle 5 del pomeriggio chiude.. chiude proprio, e non solo i negozi, ma tutta la vita in genere..dopo le cinque non c’è un anima in giro, sono tutti chiusi in casa, ad organizzarsi un bel divorzio..si, perchè quando (se) un danese si sposa lo fa a vent’anni, e a quel punto non esce quasi più di casa, per circa un ventennio, fa un due, tre figli, e verso i 45 si è rotto talmente le scatole di vedere sempre e solo la stessa persona che divorzia.. e infatti in giro ci sono solo ventenni e cinquantenni divorziati.. in giro, ovvero intendo ovviamente il venerdì e il sabato, gli unici giorni in cui abbandonano le tane.. e scendono in città. Io abito nella via principale,  Store RaadHusgade (si pronuncia tipo stooo rrr(sputo)ooollhh(ri-sputo)usgale, ci ho messo sei mesi a farmi capire dai tassisti locali) durante la settimana la sera sembra la via di una città fantasma del far west (ci sono pure i rovi portati dal vento), il weekend sembra di stare a Rimini a ferragosto…insomma escono e cosa fanno? Bevono. Bevono. E poi bevono. In genere escono già bevuti da casa per spendere meno, anche se il danese medio spende di media un cento euro per bere il sabato sera, e siccome cenano alle 6 e mezza mediamente verso le 9 sono già ubriachi, dispensano allegramente urina per le strade (tutte le domeniche tocca lavare l’androne) e vanno avanti fino alle 6 della domenica, domenica che in genere passano in coma a riprendersi dalla sbornia…

E infatti la domenica mattina se esci pensi ci sia stato il coprifuoco, che a tua insaputa abbiano evacuato la popolazione per qualche epidemia di cui solo tu sei all’oscuro.. no, sono a casa a riprendersi per il lunedì…

Ora, le prime domeniche facevo delle belle passeggiate, in fondo abito a 40 metri dal fiordo, a 500 dalla foresta, vicino ad un lago…pensavo… sai che bello che deve essere..ed in effetti la prima domenica..cigni, germani reali, oche selvatiche, cervi, scoiattoli, un aria pulita,  priva di inquinamento, la natura in tutte le sue manifestazioni animali e vegetali..solo io e la natura… Allora, la prima domenica..bellissimo! la seconda domenica stupendo! La terza domenica guardando il cervo negli occhi un pensiero di guzzantiana memoria mi assale..” Ah cervo, ma io e te, ma che se dovemo da dì?”

 

Non so, forse io sono oltre che un fisico atipico, una persona che quando stacca dal lavoro ha troppo bisogno di avere una vita intorno, anche per scriverci un po’ su ( la mia seconda passione), forse chiedo troppo.. però…qualcuno sano di mente con cui scambiare due parole (e non solo un cervo..)  non mi sembra davvero una richiesta assurda..

 

Ho detto quando si sposano.. già, perchè non è certo obbligatorio.. ma anche qui scordatevi il mito delle scandinave aperte e trasgressive…il sesso è sicuramente molto presente, ma solamente per coprire la quasi totale mancanza di comunicazione emotiva.. nei locali la gente, ubriaca ed in preda ad una specie di trans ferina passa il fine settimana a ballare ( oddio, in realtà saltano furiosamente in assoluta mancanza di ritmo) musiche anni ottanta e qualche improbabile ritmo latino, e così, senza spesso una parola, si avvinghiano, si denudano, si accoppiano confusamente, con persone con cui il giorno dopo non avranno neanche la forza di incrociare gli occhi.. Mi rendo conto che una serata sobria in un locale qui è qualcosa di così squallido che si diventa alcolisti per educazione..

E poi, dulcis in fundo, le ragazze madri..

Spieghiamoci, il sistema assistenziale danese è una terribile arma a doppio taglio: qui se si perde il lavoro per due anni il sindacato ti da l’80% dello stipendio se non trovi un  nuovo lavoro, cosa quasi impossibile, visto che qui c’è la sotto-occupazione, ovvero ci sono più posti di lavoro disponibili che persone disposte a farli, specie per lavori intellettuali. Passati i due anni, se non sei nullatenente, ti devi vendere tutto, e campare con quello, ma nel momento in cui diventi assolutamente povero, senza proprietà (casa, auto, etc) lo stato ti da automaticamente una casa (si una casa, avete capito, una casa gratis) ed uno stipendio a vita, detto “la sociale”, di circa 800 euro. Ora, d’accordo che qui la vita è cara, ma 800 euro senza spese…

Inoltre anche gli studenti che vogliono andare via da casa ricevono uno stipendio e un alloggio, ed infine le ragazze madri ricevono un alloggio ed uno stipendio proporzionale al numero dei figli.. (più figli, più stanze, più soldi..).

Con quale risultato? Che la stragrande maggioranza delle ragazze qui NON FA NULLA, si limita a farsi mettere in cinta, in genere da uomini diversi..

La cosa è sconcertante… quando ero arrivato qui mi avevano parlato di questa consuetudine, ma non avevo capito le dimensioni del fenomeno.. in realtà poi uscendo la sera, ogni volta, e quando dico ogni volta dico proprio sempre,  parlando con una ragazza  intorno ai venti, venticinque (quelle sopra i quaranta ti raccontano del loro divorzio..quelle fra i 25 e i 40 oramai lo sapete, non escono e preparano il divorzio.. ) ad un certo punto ti fa..” eh si perchè mia figlia..” E  lì scopri che ha una, due (a volte anche tre) pargoli, in genere di 4, 5 anni, che lei ha 21 anni, che il padre è un afgano, che lei come lavoro dice che fa la cameriera… Ovvero lavora da un paio di settimane in un locale, dopo di che si rende conto che lavorare stanca, come diceva Pavese, e quindi molla.. Ho parlato con un ragazzo tunisino che ha un locale, e che ha lavorato molti anni in Italia. Lui mi ha detto che i danesi da lui non reggono più di 15 giorni, poi non concepiscono il fatto che devono faticare, e si licenziano..Solo i latini (sudamericani, italiani, spagnoli) reggono, e tutto sommato non si lamentano nemmeno, visto che le paghe sono alte.

Parentesi nella parentesi…qui puoi andare dal tuo medico di famiglia, dire che sei stressato, e quello ti fa un certificato, e tu te ne stai a casa due mesi a stipendio pieno, e poi torni part-time (che non so quante ore siano, visto che qui si lavora 37 ore a settimana, e lo straordinario non è concepito..) finché non sei guarito..

Questo porta ad una società svuotata, dove i danesi non vanno all’università (in genere solo il 10% degli studenti nelle classi master, in pratica la nostra specialistica, è danese e infatti le lezioni sono in inglese, con casi paradossali di classi con un solo studente danese), e sostanzialmente non producono. In altre parole la Danimarca è un paese mediocre, (per carità, con punte di eccellenza e molte ottime persone) che ha puntato soltanto su una cosa… i soldi: stipendi alti, servizi, incentivi per far venire dall’estero tutto quello che loro non hanno (e avranno sempre meno), ovvero la forza lavoro, gli studenti, i ricercatori, per farli produrre per le loro aziende, e quindi avere altri soldi per mandare avanti il circolo. Non fa una piega. Ovviamente tutto questo è possibile perchè è un paese piccolo, con solo 5 milioni di abitanti (e circa 600mila stranieri), altrimenti imploderebbe. Ed ancora più ovviamente questo porta ad uno sconvolgimento sociale impressionante, con immigrati qualificati che fanno i lavori qualificati, immigrati non qualificati che campano alle spese del sistema, che significa migliaia di afgani, siriani, nordafricani che si trascinano in giro in piena apatia, e nel mezzo i danesi, un popolo chiuso e isolazionista, che non fa che odiare sempre più ogni giorno gli stranieri. Ragazzi arabi completamente dis-integrati, che vanno in giro su macchine rumorose vestiti da rapper americani coi catenoni al collo, perchè non avendo più una loro identità copiano quelle del hiphop, maledicendo ed insultando i danesi nell’unica lingua che ormai conoscono.. il danese, perchè l’arabo non lo parlano più!!

E per la prima volta nella mia vita ho sperimentato il razzismo sulla mia pelle. Per le mie caratteristiche somatiche, molto mediterranee in effetti, vengo spesso scambiato per arabo, specie dai danesi che non distinguerebbero un cingalese da un bergamasco, e questo mi crea grossi problemi nei negozi, o in altre situazioni, specie con le persone meno istruite. Quindi devo sempre trovare il modo per far capire che sono italiano, lo DEVO dire, e la cosa funziona:” ah sei italiano” (sottinteso “non sei uno di quelli”).

Triste, per evitare il razzismo devo usare un atteggiamento razzista (io sono meno nero di loro..) e questo perchè per fortuna siamo visti ancora bene, perchè qui la criminalità non l’abbiamo mai esportata, gli italiani di qui lavorano, la maggior parte in ristoranti familiari, e soprattutto pagano le tasse, in un paese in cui l’evasione fiscale   è considerata un reato più grave dell’omicidio (anche se poi tutti i ristoranti lavorano per un buon 30% al nero, e non solo i ristoranti).

 

Certo nove volte su dieci il danese medio ad un certo punto del discorso ti fa “ Ah l’Italia… Berlusconi, ahahah che gente curiosa che siete..” e questo detto a uno che si è preso 4 aerei in 3 giorni a proprie spese solo per venire a NON  votarlo…

Ma qui arriviamo al punto che mi fa incazzare di più come italiano, come fisico, e come persona..

La cosa che mi devasta è vivere in un paese che ha pochissimo da dare, ma che funziona, che sa come far funzionare quel pochissimo che ha.. La Danimarca è un paese che è sempre in testa alle classifiche dei paesi dove si vive meglio.. ed io all’inizio mi chiedevo perchè.. perchè la gente si sente felice in un paese di repressi, di gente che non si abbraccia perchè si vergogna, del paese con il più alto tasso di alcolizzati adolescenti, dove le madri lasciano i figli (giuro) in carrozzina fuori del caffé in pieno inverno, dove la cena più prelibata consiste in carne, patate e carlsberg, la cena media in carne patate e carlsberg, e scommetto che se ora vi chiedo della cena di natale avrete un idea del menù..

Il fatto è che i Danesi sono convinti di essere felici, sono quasi inebetiti nella loro convinzione solipsistica di felicità, ed incapaci forse di confrontarsi. Vi faccio notare che in un momento storico in cui dicono che Roma sia diventata pericolosissima, mentre in realtà ci sono molti meno crimini degli anni settanta, Copenhagen (KobenHavn, il porto dei mercanti) è diventata davvero quella che Calderoli chiamerebbe, se conoscesse la parola, casba, con zone in cui non sembra di essere in Europa. Nessun commento su questo, è solo un’osservazione, altrimenti andiamo troppo lontano.

Ma non possiamo certo fargliene una colpa, ovvero io posso sfotterli in allegria, anche perché ho conosciuto anche belle persone, ma non posso prendermela con loro (anche) per il fatto di essere felici di vivere in Matrix e di non voler prendere la pillola rossa..

A noi Italiani invece la pillola rossa l’hanno data da piccoli con la minestrina, noi amiamo, come nessun altro, criticarci, criticare il nostro sistema e farci fottere..

Abbiamo la peggiore classe dirigenziale d’Europa ( vabbè, forse in Polonia è peggio..), politici, manager, amministratori non fanno altro che distruggere il bene pubblico, e spesso anche il privato, per il proseguimento del loro tornaconto personale, la corruzione come paradigma.

Ha scritto David Mamet:

“ La corruzione politica che persegue la ricchezza è limitata dalla collocazione e dalla quantità delle ricchezze. La corruzione politica tesa a realizzare una personale visione del bene pubblico non conosce limite alcuno, e sfocia nel delitto e nel caos”.

 

Noi siamo andati oltre, abbiamo elevato la corruzione politica a sistema politico in se.

 

 E continuiamo a dare tutto questo per scontato, per ineluttabile, un carattere nazionale che ci rende simpatici quanto inaffidabili, con la nostra proverbiale capacità di arrangiarci, arrangiarci perchè non sappiamo mai organizzarci per tempo.

Si, come si direbbe a Roma, sto a rosicà..

L’Italia vista dalla Danimarca è insopportabile, e lo è quanto più la realtà che lì mi circonda non rappresenta, almeno per me, un modello valido. Non voglio parlare di soluzioni, non ora almeno, questo è solo un post su un dottorando italiano perplesso in Danimarca…

 

Mi viene in mente quello che diceva un mio amico a proposito di una famosa pubblicità di merendine, quella di “Più latte, meno cacao!”: “ Ma non si potrebbe avere più latte e più cacao?”, ovvero, per tornare alla coperta, perchè se da una parte ti devo dare ti devo per forza togliere dall’altra? Perchè ogni volta che torno nella mia Roma (bè non solo mia, ma Roma per me è una condizione dello spirito più che un luogo fisico) mi devo sentire così estraniato dal fatto di quanto sia bello viverci e quanto impossibile lavorarci con dignità?

 

Sono stanco di lamentarmi di entrambe le realtà, quando sono partito pensavo di tornare presto, ora la situazione da tragica mi sembra diventata etimologicamente disperata, e temo che al nord ci resterò a lungo. Non so se sono fuggito, non so se è una scelta giusta, cerco le alternative, ma al momento mi sembrano scivolare via..

 

Eppure credo ancora che se smettessimo di essere fatalisti, ce la potremmo ancora fare.. non fosse altro che per far rosicare un po’ i Danesi..

 

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