Una mia cara amica, che ha la fortuna di non avere nulla a che fare con l’università, mi ha regalato un libro estremamente interessante, che io ho divorato in meno di 24 ore. Si tratta, come da titolo, de ” I BARONI”, di Nicola Gardini, ovvero “Come è perchè sono fuggito dall’università italiana”. Il discorso ci riporta al post di Grazia di qualche tempo fa, sul ruolo dei baroni e dei maestri nella nostra università.
Il libro è di scorrevole lettura, molto ben scritto, ed oltre ad analizzare lucidamente ed ironicamente i baroni incontrati dal protagonista lungo il suo cammino, ed attaverso questi ovviamente dare un quadro molto più generale dello stato dell’università italiana, è anche un piacevolissimo romanzo autobiografico, in cui credo molti dei lettori di questo blog potranno riconoscersi.
Infatti, anche se l’autore viene da un’area diversa dalla nostra, la letteratura comparata, l’approccio umanistico, come direbbe Toraldo di Francia, rimane per me il più completo e realmente scientifico, in qualsiasi contesto. Non a caso, secondo me, l’autore afferma in uno dei passi: ” Il Poeta è l’opposto del Barone. Il Barone vuole a tutti i costi aver ragione. Il Poeta è tutto tranne ricerca di consenso. Il Poeta, come diceva Cametti, è sempre contro il suo tempo. Per questo non ha un ruolo nella società. Il Barone, invece, vive in funzione esclusiva della società; addirittura pretende di crearne una… Il Barone, non ha un’immagine di sé, ma solo l’immagine che ritiene che altri debbano avere di lui”.
Credo ancora che la vera scienza, la vera ricerca, dovrebbero essere quanto di più simile alla poesia, fermi restando tutti gli aspetti pratici e professionali che la ricerca comporta. Il binomio di Newton è bello come la Venere di Milo, scriveva Pessoa, solo che pochi se ne accorgono.
Sicuramente non se ne sono accorti i baroni di Gardini, nè quelli che abbiamo avuto l’occasione di incontrare noi fisici per il mondo. In loro “la memoria storica non si trasforma in coscienza, cioè in uno stato permanente del pensiero: ma sprofonda e riaffiora secondo la necessità, o meglio, l’utilità […]. Un barone […] per un prodigio psicologico le cui radici non saranno mai portate per intero alla luce, si sente sempre in credito. Le cose gli sono dovute. Lui non deve nulla. Lui concede, accorda, dona, e con i suoi simili scambia. E se non dà, non è perchè non possa […] ma perchè tu non sei degno delle sue concessioni. Per cui vivi sempre nel dubbio di aver commesso qualche fallo, di averlo urtato, di non essere stato servo sufficientemente solerte. E allora quanto meno ricevi e sospetti che riceverai, tanto più ti abbassi e rinunci a te stesso. Molti si sono legati al barone con simili patti. E non hanno ottenuto l’eterna giovinezza; hanno perso l’unica che la vita gli avrà mai donato”.
Questa conclusione un po’ agghiacciante ma non per questo meno vera mi ha richiamato alla mente i racconti di tanti colleghi, amici, ricercatori validi, che spesso, anche senza rendersene conto, sono entrati in certe terribili dinamiche, che niente hanno a che fare con il tanto declamato quanto ovviamente del tutto trascurato merito.
Il percorso del protagonista è segnato fin dalle prime pagine, ce lo fa intuire, anche se è molto bravo a tenerci in sospeso fino alla fine. Finale appunto preannunciato, ovvio quanto tragico per l’università e quindi per la società italiana. Io ho rivisto pezzi della mia storia, personale ma anche professionale, specie per il confronto con l’estero, visto che io non ho mai avuto l’occasione (fortuna? forza? fate voi..) di lavorare direttamente per un’università italiana. E ci ho rivisto la storia di molti di noi.
Non so cosa ci aspetta, le proteste contro la riforma sono sotto gli occhi di tutti questi giorni, anche se a volte i contenuti tendono a sfuggirmi. Non so perchè, ma la lettura di questo libro mi ha fatto venir voglia di lavorare bene, come se mi avesse aiutato a sentire più viva l’etica di questo nostro lavoro. Se riuscirò (se riusciremo) a farlo in Italia, questo non lo so. Mi sento molto pessimista a riguardo, un pessimismo che mi fa male, perchè credo che un piccolo contributo potrei darlo, soprattutto per la mia conoscenza di realtà diverse. Un contributo che potremmo dare in tanti, e invece siamo sempre più spinti ad andar via. Accingendomi a scrivere questo post, ho letto rapidamente dei passi dal blog dello stesso Gardini. Non sembra sia intenzionato a tornare, e certo non posso dargli torto, visto quello che ha passato…
Gardini chiude il libro, oltre che con una critica finale ai Baroni – ” i Baroni sono colpevoli di fronte a tutti gli italiani […]. I Baroni sono colpevoli di un crimine tremendo: rubano il futuro.” – anche con una critica molto lucida verso quelli che assecondano i baroni, le cosidette “vittime”. Queste infatti presto “non solo si identificano con loro, e cominciano da subito a pensare come loro, ma sono nella sostanza, perfettamente uguali a loro, poiché, anche quando mal sopportano il predominio degli altri, non lo vorrebbero affatto abolito ma lo vorrebbero solo per sé, immediatamente”.
Il carattere italico, il cambiare perchè tutto resti uguale, la salvaguardia della propria “pagnotta”, del proprio orticello, la nostra capacità di fare rivoluzioni solo con il fine ultimo di sostituirci al caudillo di turno per il nostro personale tornaconto stanno tutte in queste righe.
Credo sia stato Polenz (cito a memoria una frase letta secoli fa, perdonate le imprecisioni) a dire “che non c’è migliore educazione alla società che la consuetudine con lo spirito ellenico”. Lo spirito ellenico era fatto di democrazia, di agorà, certo anche di ostracismo quando serviva, e di schiavi, ma era fatto di Stato, di una politica che era la diretta estensione dell’etica individuale sul piano pubblico. E di maestri, certo non di baroni. E’ tragico che la nazione che più dovrebbe sentire questa eredità, forse più della Grecia stessa, per quello che l’umanesimo ha reinterpretato di questa tradizione, sia quella che più si sia allontanata da questa eredità, lasciandola a nazioni molto più giovani, molto più ingenue, molto più culturalmente povere forse, ma senza dubbio molto più etiche, come ad esempio l’amata/odiata Danimarca che mi ha ospitato per 4 anni.
RaffRag
luglio 19, 2010
‘…la vera scienza, la vera ricerca, dovrebbero essere quanto di più simile alla poesia…’
Verità sacrosanta, mi permetto di credere anch’io.
Maria Grazia
luglio 20, 2010
caro Daniele, il tuo post darebbe adito ad una caterva di riflessioni. Non ho letto il libro che citi, per cui forse c’è la risposta all’interrogativo che mi pongo: se l’università italiana è costituita quasi esclusivamente da Baroni, come si evince, come è stato possibile per l’autore accedere ad una formazione tanto eccellente da venire chiamato all’estero? O i suoi meriti, in termini di volontà, interesse allo studio e “genialità genetica”, sono così grandi da annullare il processo formativo avvenuto nel nostro Paese?
Io penso che esista all’interno dell’università italiana una classe di “baroni” che opera tendenzialmente come descritto sopra, ma penso che se questa fosse stata la maggioranza delle forze operative universitarie, l’università avrebbe smesso di funzionare da tempo. Oppure è da considerare l’ipotesi che i baroni, nonostante tutto, abbiamo cercato di attrarre sotto di sè gente capace?!
Penso che le risposte siano molteplici, che il sistema attuale sia fortemente criticabile, ma parimenti apprezzabile. Forse dovremmo riflettere sul fatto che il merito primo di questi volumi sia di denigrare il sistema universitario italiano e, almeno indirettamente, di essere fra le cause che giustificano il suo totale abbattimento a cui stiamo assistendo IMPOTENTI.
attaccalite
luglio 20, 2010
Ciao Daniele
grazie per la recensione del libro sembra molto interessante.
Devo dire che in parte concordo con MariaGrazia sul fatto che “…che il merito primo di questi volumi sia di denigrare il sistema universitario italiano…”, sarebbe carino trovare anche una parte positiva in questo libro, ma lui non ha mai conosciuto qualcuno da salvare? Qualcuno che sia arrivato ad una data posizione senza essere un barone? io ne conosco vari anche in Italia.
Claudio
Elisabetta
agosto 28, 2010
Io penso che abbia ragione Grazia, se fossero tutti baroni l’Università italiana sarebbe già collassata. Certo e’ che i baroni sono tanti e infatti il collasso e’ vicino. E’ verissimo quello che scrive l’autore del libro… Queste persone sono colpevoli di fronte a tutti gli italiani perché danneggiano l’immagine dell’Università e il lavoro di quanti invece ce la mettono tutta, svalutando persino il ruolo di chi della carriera accademica ha fatto una scelta di vita. Riguardo al fatto che i baroni riescano a circondarsi di persone valide… Non so, e’ probabile di si. In genere comunque amano appoggiare quelle persone che riescono ad adeguarsi così bene a quel modo di fare da consolidare il loro potere traendone così un reciproco vantaggio…
danielebarettin
settembre 28, 2010
Leggendo il libro di Gardini si salva ben poco.. Ora io non so se il suo racconto è completamente veritiero – anche se lui cita mi pare Senofonte, “se ho cambiato i fatti è per renderli più veri”- o se ha valuto rappresentare solo un aspetto, per rendere il libro più accattivante e vendibile, questo andrebbe chiesto all’autore. Leggendo il testo ho percepito una certa schiettezza, anche quando parla dei fatti personali e familiari che hanno condizionato la sua vita in quel periodo- forse perchè ho vissuto cose analoghe mi sono identificato ed ho percepito il racconto come reale. Inoltre parte dei suoi studi – il dottorato- sono stati conseguiti all’estero, e questo gistifica ancor di più il suo punto di vista esterofilo.
Io non so se l’università italiana è fatta solo dai baroni, certo è come dice Elisabetta che ce ne devono essere parecchi se stiamo come stiamo.. Io ho l’impressione che sia l’amministrazione del potere da parte dei professori universitari ad essere quantomeno stravagante, anche da parte di quelli animati dalle migliori intenzioni. Il collasso sembra prossimo, anche se in Italia abbiamo questa caratteristica di saper galleggiare sempre, anche nelle peggiori tempeste.
Grazia, sul fatto che “il merito primo di questi volumi sia di denigrare il sistema universitario italiano e, almeno indirettamente, di essere fra le cause che giustificano il suo totale abbattimento”, non so se è un merito, non so se siano una causa o un effetto.. se non siamo d’accordo possiamo e dobbiamo contrastare il messaggio, ma se la situazione descritta è reale, oanche solo parzialmente reale, non possiamo certo nascondere la testa sotto la sabbia… altrimenti rischiamo di fare come quel signore molto basso con i tacchi ed una strana peluria in testa che appare spesso in TV fra un festino ed un altro, dicendo cose incomprensibili, tipo che la cammorra esiste per colpa dei libri di Saviano 😉
RaffRag, grazie dell’appoggio.. è una cosa che ho sempre creduto, qualche volta col dubbio che fosse per una mia natura un po’schizzofrenica, di chi in fondo non era sicuro della scelta fatta.. sapere di non essere solo mi conforta 🙂
danielebarettin
settembre 29, 2010
Aggiungo una postilla. Il link che ho indacato nel post come quello di Nicola Gardini corrisponde in realtà ad una sua pagina sul sito della Feltrinelli. L’indirizzo corretto del suo blog, perchè volesse documentarsi meglio, è il seguente:
http://www.nicolagardini.com/default.asp