Nelle ultime settimane alcune notizie in campo scientifico hanno attirato la mia attenzione più di altre.
La prima è che la prima mano bionica ‘sensibile’ è stata testata con successo in Italia su un paziente amputato della mano sinistra. In pratica questa protesi non solo è comandata dal cervello del paziente, ma gli invia anche un feed-back permettendogli di “percepire” le caratteristiche degli oggetti e quindi di modulare in tempo reale la forza di presa da applicare per afferrarli. La notizia è doppiamente bella perchè c’è una forte componente italiana nel progetto, chiamato Lifehand 2 e coordinato dal Politecnico di Losanna, a cui infatti hanno partecipato la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma, l’Università Campus Bio-Medico di Roma, l’IRCSS San Raffaele di Roma, oltre che l’Istituto IMTEK dell’Università di Friburgo. Stando a quanto riportato da Repubblica, i risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica Science Translational Medicine e tra gli autori c’è anche Maria Chiara Carrozza, della Scuola superiore S.Anna di Pisa ed ex-ministro della Pubblica Istruzione. In questo articolo possiamo leggere i commenti di Paolo Maria Rossini, responsabile clinico della sperimentazione di Lifehand 2, e di Silvestro Micera, del Politecnico di Losanna e docente di Bioingegneria presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha sviluppato parallelamente una serie di algoritmi capaci di trasformare in un linguaggio comprensibile al cervello del paziente le informazioni provenienti dalla mano artificiale. Infine, questo è il video.
La terza ed ultima notizia, riguarda l’intervento che ha salvato la vita a un bambino di 14 mesi, per poter effettuare il quale un chirurgo di Louisville, nel Kentucky ha utilizzato un cuore tridimensionale, realizzato con una stampante 3D. Il piccolo paziente è nato con alcune malformazioni congenite, per le quali aveva un elevato rischio di ritardo nella crescita o di non sopravvivere. Per questo il chirurgo Erle Austin ha chiesto un parere a tre colleghi inviando le immagini delle Tac con l’obiettivo di capire quale fosse il miglior modo di operare il cuore del piccolo, ottenendo però opinioni contrastanti. Così Austin si è rivolto al Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Louisville chiedendo di tradurre le immagini bidimensionali della Tac in un modello 3D. Gli ingegneri hanno così sviluppato un software per convertire i risultati della Tomografia in istruzioni per una stampante 3D.
Michele Romeo
marzo 12, 2014
Splendido pensiero. Nulla a che vedere con scientismo o qualsiasi cosa che inneggi all’esasperazione enfatica di risultati di scrupolose iterazioni metodologiche. Semplicemente una visione meravigliata e profondamente positiva del reale ruolo delle scienze nella civiltà umana. Condivido pienamente le tue osservazioni e auspico un reale impegno della collettività perché tutto questo continui il proprio cammino di miglioramento nel proprio ruolo di civilizzazione dell’umanità.
ulla ratio
marzo 17, 2014
Sono 3 splendide conquiste tecnologiche ma non sono puramente scientifiche perchè la tecnologia è figliastra della scienza e le 3 conquiste citate sono nipoti o nipotastre del pensiero scientifico moderno ma non ne sono figlie così come io sono figlio di mia mamma e non sono figlio di mia nonna. La vera conquista scientifica può non avere anche nessuna ricaduta tecnologica diretta così come esistono valide tecnologie non generate da un vero pensiero scientifico. Invece condivido l’entusiasmo “etico” per i risultati ottenuti: con una stampante 3d è possibile modellizzare un cuore (il vantaggio lo si vede: il cuore di un feto è almeno 100 volte più piccolo del moke-up del cuore nella foto) ma è anche possibile modellizzare una canna di pistola da sciogliere nell’acetone per fare sparire le prove di un omicidio, La tecnologia realizza armi ed utensili allo stesso modo ma poi è come li utilizziamo ciò che rende notevole la differenza.
Alessandro
aprile 1, 2014
Articolo interessante, però vorrei fare un appunto in merito alla terza notizia, mi sembra ci sia un errore: la tac produce immagini 3d e non 2d. Comunque condivido pienamente il pensiero e l’euforia.
Michele Romeo
aprile 1, 2014
Correzione:
la TC (e non più TAC), ossia la Tomografia Computerizzata, produce set di dati numerici digitalizzati da scansioni multi-planari bi-dimensionali, interpretabili in ambito numerico attraverso sofisticati modelli matematici di filtro come immagini 3D del reale, successivamente visualizzabili con opportuni strumenti di rendering grafico al calcolatore.
In realtà, la macchina che realizza la TC esegue una serie di ‘scansioni’ radiografiche in due dimensioni (2D) su diversi piani di proiezione (ovvero da diversi punti di vista, ruotando intorno all’oggetto) per ottenere una immagine ‘tridimensionale’ dell’oggetto sondato (in questo caso un organo viscerale umano). Ciò è particolarmente utile se si esegue l’interfacciamento diretto del calcolatore con una stampante 3D, per evidenti motivi di innegabile utilità nella pratica clinica.
Per approfondimenti:
Fai clic per accedere a 2007_n4_ReportAIFM.pdf
Cordiali saluti,
Michele Romeo
Michele Romeo
aprile 1, 2014
Chiarimento.
Nella seguente porzione di frase del mio precedente post:
” …la macchina che realizza la TC esegue una serie di ‘scansioni’ radiografiche in due dimensioni (2D) su diversi piani di proiezione (ovvero da diversi punti di vista, ruotando intorno all’oggetto)…”,
quando affermo “ruotando intorno all’oggetto” mi riferisco ad una ‘rotazione della ‘direzione di scansione’ e non ad un atto fisico proprio della macchina, benché la tecnologia realizzativa della stessa possa prevederne l’uso in alcune sue parti.
Cordialmente,
Michele Romeo
elisabettalatorre
aprile 2, 2014
vi ringrazio per gli interventi. vorrei aggiungere ai chiarimenti di Michele Romeo un breve excursus da liceo classico: etimologicamente la parola Tomografia deriva dalla parola greca “tomos” che significa “sezione, taglio, fetta” (a sua volta derivata dal verbo greco “temno” che significa “tagliare”). Infatti, quello che fa la tomografia è di “tagliare a fette” (in inglese “slices”), ossia creare delle immagini di sezioni (2D) dell’oggetto che poi possono successivamente essere ricostruite in 3D con un’approssimazione che dipende dal passo della scansione rispetto all’asse ortogonale alle slices. ovviamente questa è una semplificazione, le cose sono un po’ più complicate, ma non mi azzardo a dire di più in quanto sono un po’ di anni che non mi occupo dell’argomento. ad esempio la ricostruzione 3D a partire da immagini tomografiche viene utilizzata nei Radiation Treatment Planning Systems (RTPS), ossia i sistemi che permettono la progettazione dei piani di trattamento in Radioterapia, altro risultato della scienza e tecnologia di altissimo livello che mi lascia senza fiato.
Michele Romeo
aprile 2, 2014
Grazie del riscontro e dell’approfondimento etimologico Elisabetta.
Restando in argomento, posto qui di seguito l’ultima virtuosa applicazione della stampa 3D
in ambito clinico:
http://www.galileonet.it/articles/5339763da5717a47e9000001
Cordiali saluti,
Michele
Pietropaolo Morrone
aprile 7, 2014
Premio Dardos in arrivo: http://pietropaolomorrone.wordpress.com/2014/04/07/premio-dardos/
elisabettalatorre
aprile 28, 2014
Grazie!